martedì 27 settembre 2016

L'Europa nel 2021


Anticipando i temi del libro “IMPERO!”, questa settimana ci riferiremo allo storico inglese Niall Ferguson, allo scenario d’Europa che nel 2011 egli immaginò si sarebbe verificato dieci anni più tardi, ovvero nel 2021. Oggi ci troviamo a metà strada tra questi due momenti cronologici e possiamo già consentirci di esaminare la sua analisi che tanto interesse suscitò quando uscì il suo articolo al punto d’essere commentato e ripubblicato da molti giornali. Spunto di riflessione ci offrirà il confronto tra le previsioni da lui centrate e quelle che invece sono state clamorosamente mancate. Buona lettura di questo e dei prossimi post.



Come immaginereste l’Europa del 2021? La domanda è più che mai attuale dopo l’esito del referendum britannico sulla permanenza nell’Unione.  Ma già nel novembre del 2011 lo storico inglese Niall Ferguson, in un articolo apparso sul Wall Street Journal, tentò di prevedere lo scenario geopolitico del nostro Continente così come si sarebbe evoluto negli anni a seguire. L’articolo suscitò molto interesse e fu ripreso da altri giornali. Ferguson insegna ad Harvard ed è un propugnatore della “storia controfattuale” quella, cioè, che disegna scenari alternativi nell’ipotesi che eventi precedenti si verifichino con differenti variabili. L’esempio classico è quello della Seconda guerra mondiale se fosse stata vinta da Hitler anziché dagli Alleati: che corso avrebbe preso la Storia? E come sarebbe oggi l’Europa? In quest’articolo invece Ferguson immaginava l’Europa come sarebbe stata dieci anni più tardi sulla base delle criticità allora emergenti. “L’articolo era accompagnato da una cartina deformata dell’Europa dove la Germania appariva enormemente dilatata, e gli altri stati a confronto sembravano delle minuscole appendici. Lo storico inglese prevedeva che nel 2014, a un anno dal superamento della crisi finanziaria, erano stati fondati gli Stati Uniti d’Europa che comprendevano anche quegli stati balcanici attualmente fuori ma non le isole britanniche e i paesi scandinavi. La Gran Bretagna, infatti, a seguito d’un referendum vinto dagli euroscettici era uscita dall’Unione; e quest’uscita le aveva procurato un tale successo economico che l’Irlanda, messi da parte gli antichi rancori, aveva deciso di lasciare anch’essa l’Unione per ricostituire il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda. A loro volta Svezia, Danimarca e Finlandia, governati da partiti populisti e xenofobi, avevano lasciato l’Unione per fondare, insieme a Norvegia e Islanda, una Lega Scandinava. L’euro, contrariamente alle previsioni, era sopravvissuto; ma aveva causato la caduta di molti governi e leader europei, compresi Sarkozy nel 2012 e Merkel nel 2013. Un po’ dovunque si erano affermati partiti ultranazionalisti tranne che in Germania dove le urne avevano sancito la vittoria dei socialdemocratici. Questi si erano mossi con determinazione per dare più potere alle istituzioni europee con il risultato di superare la crisi finanziaria e di realizzare l’unione politica. Ora il nuovo superministero dell’economia ha sede a Vienna e presidente degli Stati Uniti d’Europa è Carlo d’Asburgo, discendente della dinastia imperiale austriaca. Ovviamente la nuova Europa è a guida germanica. Lituania, Lettonia e Polonia sono in piena espansione perché meglio attraggono gl’investimenti tedeschi. Quanto ai paesi euro-mediterranei (Spagna, Portogallo, Italia e Grecia) la disoccupazione è salita al 20% ed è anche alto il tasso d’invecchiamento della popolazione. Tuttavia non c’è vera povertà grazie ai trasferimenti del sistema fiscale federalista. Inoltre questi paesi sono diventati una specie di “villaggio vacanze” dei cittadini del nord, che possiedono tutti una seconda casa nel sud soleggiato. E gli europei del sud sembrano essere contenti di come vanno le cose perché hanno tanto tempo libero per godersi i piaceri della vita e possono guadagnare un sacco di euro (ormai circolante quasi esclusivamente in forma elettronica) lavorando come giardinieri o camerieri nelle seconde case dei tedeschi”.

Per il 2021 ancora mancano diversi anni, però già adesso osservando il trend degli eventi è possibile constatare in quale misura Ferguson stia centrando le sue previsioni. Sarkozy effettivamente non è stato rieletto, i partiti populisti e xenofobi hanno buon gioco a mostrare le contraddizioni che i partiti di governo sembrano incapaci di comporre, la Germania rappresenta il motore economico dell’Europa, la Polonia e i Paesi baltici in effetti meglio d’altri hanno attratto gl’investimenti tedeschi. Il referendum promesso agli inglesi sulla permanenza nell’Unione Europea, realmente effettuato, ha confermato – sia pur di misura – la volontà di quest’abbandono, e i Paesi scandinavi sono anch’essi in fase di ripensamento. All’euro – pur suscitando delle perplessità – non si vedono ancora serie alternative e la moneta elettronica si afferma sempre più su quella fisica. Per altri aspetti, persino più importanti, però, Ferguson appare fuori strada. E questo fa riflettere. Perché, a parte alcuni classici luoghi comuni (come ad es. l’indolenza dei popoli mediterranei), egli ha lavorato su effettive linee di tendenza. Evidentemente alcune aspettative di politologi ed economisti nel 2011 non erano poi così fondate. In verità alcune previsioni sono state mancate solo in parte. I socialdemocratici tedeschi non hanno vinto le elezioni ma se Angela Merkel è ancora a suo posto è perché ha dovuto cedere a compromessi. Nelle attuali elezioni regionali inoltre la Spd tende a superare i cristiano-democratici. Ferguson non aveva invece previsto l’affermazione in Germania di un partito ultranazionalista e xenofobo, qual è l'Afd di Frauke Petry, che ha raccolto il malcontento dei tedeschi prima sul tema delle politiche economiche e adesso su quello dell’accoglienza agli immigrati. Era stata invece prevista la crescita dei partiti populisti nel resto dell'Europa occidentale, anche se nella realtà quello degli elettori va ancora interpretato come un segnale d’avvertimento lanciato per scuotere i partiti tradizionali, dimostrando in tal modo più pazienza del previsto mischiata però anche ad atteggiamenti opportunistici. Non era stata invece prevista l'insofferenza alle regole europee, che esulano dai temi economici, manifestata dai paesi ex comunisti più progrediti economicamente: il cosiddetto Gruppo di Visegrád, composto da Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Questo, sorto nel 1993 per promuovere l’integrazione unitaria dei membri nell'Unione europea, ha mutato finalità con l’affermarsi dei regimi illiberali di Ungheria e Polonia. Ma la previsione in cui Ferguson appare avere del tutto scantonato è quella sull’unificazione politica dell’Europa. Gli anni di Kohl e Mitterand appartengono ad un altro secolo e i popoli europei sono sempre più euroscettici sia nei confronti delle istituzioni comunitarie che degli altri popoli del continente. Gli Stati Uniti d’Europa più che un auspicio appaiono come una minaccia. In realtà i più non li vogliono. Le istituzioni europee non fanno molto per farsi amare, sono lontane dai cittadini, sono viste come espressione dei comitati d’affari. I Paesi euro-mediterranei sono considerati dagli altri inaffidabili, corrotti e profittatori. Nel 2014 non c’è stata alcuna unione politica e difficilmente ci sarà nel 2021. Ovviamente non ci saranno neppure i trasferimenti del sistema fiscale federalista previsti da Ferguson che consentirebbero a greci, italiani, spagnoli e portoghesi di fare i “portoghesi”, cioè di mantenersi con i sussidi di disoccupazione europei o di lavorare a mezzo tempo come giardinieri o camerieri di tedeschi e olandesi che avrebbero tutti una casa in riva al Mediterraneo. Ma trasformarsi in “villaggio vacanze” dei laboriosi nord-europei, per avere tanto tempo libero e godersi i piaceri della vita, farebbe davvero la gioia dei sud-europei, come prevede Ferguson? È davvero questo che ci aspettiamo dall’Europa e che si aspettavano i padri fondatori: Adenauer, Schuman, De Gasperi, Spinelli? Ci piace che si parli di noi come dei P.I.G.S. d’Europa? Sarà argomento del prossimo post.