venerdì 20 gennaio 2017

UN EURO DEL NORD E UN EURO DEL SUD



Quasi tutti i fondatori di “Alternativa per la Germania” (AfD), il partito euroscettico tedesco, provengono dalle file della Cdu, il partito di Angela Merkel. L’AfD è nato nel 2013 contestando l’affermazione della cancelliera che “se fallisce l’euro, fallisce l’Europa”. Guidato dall’ex presidente della Confindustria tedesca, Hans-Olof Henkel, esso si è sempre opposto all’uso del "denaro dei contribuenti tedeschi" per salvare le economie in crisi dell’Eurozona; con l’acquisto ad esempio di debito dei Paesi in difficoltà da parte della Banca centrale europea. Gli economisti dell’AfD sanno però anche che il mantenimento dell’attuale situazione non è proponibile neppure con le politiche di maggior compromesso consentite dall’esecutivo guidato dalla Merkel. Sanno che la camicia di forza imposta dalle regole della moneta unica si sta traducendo in una fortissima rabbia sociale, politica ed economica degli Stati del sud che si tradurrà presto o tardi in una vittoria dei partiti euroscettici. In fondo è ciò che auspica, dato che anch’esso è partito euroscettico. L’AfD però non si spinge fino a chiedere l’uscita dall’euro e il ritorno al marco, la moneta nazionale. Sa che la Germania è stata l’economia che ha tratto più beneficio dall’introduzione della moneta unica. Semplicemente (ed egoisticamente) non vuole che i tedeschi paghino i costi di una politica più integrata e quindi inevitabilmente redistributiva. Insomma è contrario a pagare gli oneri e al contempo non vuole perdere i vantaggi dell’unione monetaria. E così la sua proposta, sin da quando ancora era movimento, è quella di sdoppiare la valuta unica europea in due monete: un euro del Nord a cui aderirebbero i Paesi più forti economicamente, e quindi anche la Germania, e un euro del Sud a cui dovrebbero aderire i Paesi mediterranei, i ben noti Pigs. Ci si apparenterebbe così tra culture monetarie ed economie più simili tra loro, senza perdere troppo i vantaggi dell’integrazione, ed esponendosi inoltre di meno alle speculazioni del mercato che invece il ritorno alle monete nazionali comporterebbe. La proposta dell’AfD piace a molti tedeschi. I sondaggi gli attribuiscono il 15% dei voti nelle elezioni del prossimo settembre. Ma il consenso per i suoi slogan è ancora più ampio, raccogliendo esso gradimenti non solo a destra, ma pure al centro e persino a sinistra, tra gli strati sociali più marginalizzati.

Angela Merkel si trova tra due fuochi. Da una parte deve rispondere alle critiche dello sfidante socialdemocratico alle prossime elezioni, Sigmar Gabriel, che la accusa di spaccare l’Unione europea con la sua ossessione per l’austerità. “Cosa sarebbe più costoso per la Germania – egli le ha chiesto – avere una Francia con mezzo punto percentuale in più di deficit o avere Marine Le Pen come presidente?” D’altra parte la cancelliera non può non tenere conto degli umori dell’elettore medio, che è stato finora indottrinato con la tiritera che i Paesi del sud Europa cercano di sfruttare furbescamente i virtuosi lavoratori tedeschi. Ritornello che è stato alimentato non solo dalle forze populiste ma anche e soprattutto dai partiti di governo. In fondo le idee dell’AfD non sono così lontane da ciò che pensano i parlamentari della Cdu da cui questa formazione populista proviene. La Merkel è tutt’altro che stupida. Certamente è condizionata da settant’anni di cultura ordoliberista e dalla voracità delle élite economico-finanziarie del suo Paese. Ma sa anche bene che per la Germania un conto è tirare la corda e giocare a fare la prima della classe, e un altro è portare il gioco alle estreme conseguenze provocando la spaccatura dell’Unione europea. Con conseguenze non solo sul progetto unionista ma ancor prima sulla stessa economia del suo Paese. La nuova moneta nord-europea che risulterebbe da questa spaccatura si apprezzerebbe, si stima, di circa il 40% rispetto al livello attuale dell’euro. Ciò renderebbe difficili le esportazioni in tutto il mondo e in particolare nell’Europa mediterranea la cui nuova moneta sud-europea si deprezzerebbe di almeno un 20% rispetto all’euro. La fine dell’euro recherebbe alla Germania un grande danno, avendo goduto di una moneta debole che le ha permesso di rilanciare l’export senza creare tensioni inflazionistiche. Tuttavia l’attivo accumulato rispetto alle altre economie europee è eccessivo e non potrà essere sostenuto ancora per molto, senza attuare politiche redistributive. Ma questa possibilità è ormai impraticabile perché l’opinione pubblica è stata educata a considerarla un’aberrazione, per colpa non solo dell’AfD, come dicevamo. Per cui anche chi ha finora governato si rende conto che la spaccatura sarà inevitabile, sebbene gli attuali governanti probabilmente sperino che siano gli altri a fare il primo passo. Se non altro per evitare di passare nuovamente alla Storia come i soliti tedeschi specializzati nello sfasciare l’Europa.

Nota curiosa a margine. Inizialmente l’AfD nell’ipotesi di Euro del Nord Europa includeva, oltre a Germania, Olanda, Lussemburgo, Austria e Finlandia, pure la Francia. Mentre nella moneta meridionale vi vedeva Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Adesso invece Jörg Meuthen, uno dei leader dell’AfD, in un’intervista a Reuters prefigura uno scenario leggermente ma significativamente diverso. Infatti nella moneta più forte, quella nord-europea, non v’include più la Francia, ma vede questa nella moneta sud-europea la quale, al contempo, non includerebbe più la Grecia perché “troppo debole e nessun paese vorrebbe condividere con essa la moneta”. È uno scenario curioso perché il territorio dove dovrebbe circolare questa moneta corrisponde a quello del risorto Impero latino prefigurato da Alexandre Kojève nel 1945 di cui abbiamo già detto in uno dei nostri post. Insomma, l'euro del sud come una sorta di moderno sesterzio.


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