venerdì 18 novembre 2016

Ahi serva Italia... nave senza nocchiere


Dopo decenni di “euroforia”, con sottofondo di inno alla gioia, eurovisione e giochi senza frontiere, stiamo prendendo atto che questa Europa non è quella dei cittadini che ci si voleva far credere ma quella delle lobby e dei comitati d’affari. Non è quella delle libertà ma quella dei Paesi più forti che dettano le regole ai Paesi più deboli. Non quella della solidarietà bensì quella degli egoismi e delle discordie. È l’Europa della troika che infligge supplizi non agli Onassis, ai Niarchos, ai Melissanidis ma ai poveri salariati e ai pensionati, e mai paga inasprisce viepiù la dose. Ora, è vero – come affermava George Orwell – che “un popolo che elegge corrotti, impostori, ladri e traditori, non è vittima, è complice”, ma è anche vero che di norma un potere superiore interviene per porre rimedio a gravi irregolarità messe in atto dai poteri subordinati, fino a commissariare le cariche elettive (sindaci, governatori) in fin dei conti a protezione della cittadinanza. L’Unione Europea non ha questo potere (grazie al Cielo, date le premesse) ma ha quello di infliggere sanzioni insopportabili e controproducenti di fatto direttamente ai cittadini di uno Stato membro, a protezione dei trattati comunitari, firmati peraltro all’insaputa degli stessi cittadini.

Il filo del nostro discorso ci vede costretti a fare alcune riflessioni critiche nei confronti delle istituzioni europee e della Germania che ne è, quasi con riluttanza, al timone. Ma per chiarire subito ogni equivoco non siamo animati da spirito antieuropeo, semmai siamo amareggiati da questa situazione che richiama stormi d’avvoltoi populisti sul cadavere in decomposizione del Continente. E sarebbe anche troppo comodo accusare i tedeschi di tutti i mali che affliggono l’Europa. La Germania come tutti gli stati membri si sta semplicemente, con qualche miopia, facendo gli affari suoi. Se occupa la posizione che occupa lo si deve semmai ad atteggiamenti più virtuosi rispetto ad altri. È troppo facile recriminare contro i “cattivi” tedeschi, che comunque meglio di noi hanno fatto, visto che sono gl’italiani a cercar lavoro in Germania e non i tedeschi a cercare impiego nelle fabbriche o nei resort italiani. La nostra riflessione critica è un prendere atto del modo sbagliato in cui s’è cercato di costruire l’Europa, della superficialità con cui non s’è tenuto conto delle disomogeneità che dividono le varie culture: quelle nordiche da quelle mediterranee e da quelle slavo-balcaniche. Questo porta a gravi incomprensioni che in questi anni stanno emergendo in tutta la loro gravità. Unite agli egoismi nazionali, ecco approntata la formula esplosiva. La Germania, come tutti gli altri, non è stata in grado di uscire da questa palude, ed essendo la sua azione più gravida di conseguenze è anche quella che più sta contribuendo ad affossare il progetto europeo. A detta di autorevoli studiosi, anche tedeschi, la miopia dovuta all’egoismo e alle differenze culturali, porterà al dissolvimento dell’attuale unione. Certo si costruiranno in seguito nuove aggregazioni, stavolta tenendo conto delle affinità che legano i popoli europei, perché in un mondo dove spadroneggiano entità sovranazionali sarà inevitabile aggregarsi.

E un’ultima parola sui governanti di casa nostra, sempre pronti ad apparire nelle foto di gruppo, e a vantare meriti inesistenti su un’adesione all’Europa costruita malissimo e pedissequamente. Che al contrario degli statisti tedeschi non hanno saputo perseguire gl’interessi nazionali. Mentre la Germania si riunificava con i nostri soldi e risanava le sue banche con il beneplacito di tutti, noi apportavamo modifiche alla nostra costituzione secondo i criteri di Berlino e accettavamo in silenzio il bail-in che ha gettato sul lastrico, e nella disperazione fino al suicidio, i nostri piccoli risparmiatori. Solo adesso ci si inquieta sui pericoli derivanti da una germanizzazione della governance europea, dopo quasi un ventennio che quel Paese impone, elemento dopo elemento, la sua visione di politica economica senza che nessuno dei nostri osasse eccepire o tutelarsi pretendendo clausole di salvaguardia. E come avrebbero potuto? Mentre in Francia si succedevano due soli presidenti e in Germania due soli cancellieri, in Italia si susseguivano 17 presidenti del consiglio, tutti concentrati sui loro giochini di potere, e assolutamente inconsapevoli e non in grado di capire cosa effettivamente si stava decidendo a Parigi e a Berlino. D’altra parte, forse ha ragione Orwell: ognuno ha i governanti che si merita. E così uomini incapaci di amministrare un condominio ci vengono spacciati per grandi statisti e salvatori della patria. Nel frattempo sono entrate nel nostro vocabolario espressioni come “olgettine”, “esodati” e “stai sereno”. “Ahi serva Italia… nave senza nocchiere…”. Parole sempre attuali del sommo Vate. Gli fa eco il Petrarca quando si chiede: “Che s’aspetti non so, né che s’agogni Italia, che suoi guai non par che senta: Vecchia, oziosa e lenta, dormirà sempre, e non fia chi la svegli?” (Rime, 53, 10-13). Il nostro è un problema antico e ben sedimentato.

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